Le idee pallide rinfrescano
Fuori fa un caldo boia: c’è il diluvio universale. Ma devi uscire: c’è da far la spesa. Con i prezzi che ci sono in giro, ti ci vuole un portafogli a mastice. E per salire la spesa al quinto piano (“dove abiti?” “A PaniJancu” “a che altezza?” “al quinto piano”), si sudano le proverbiali cento camicie.
Ecco un brano di ordinaria conversazione in ufficio, di un giorno qualsiasi. Fatta di frasi matte, che suscitano nell’interlocutore – apparentemente fine dicitore di frasi assennate – subito il riso, lo sfottò. Ma poi subentra il dubbio. Cosa rende più l’idea del caldo catastrofico di questi giorni, un ovvio aggettivo come “infernale” o il paragone al Diluvio? E per fare la spesa, non ci
vorrebbero veramente meno scomparti di un mantice, e un po’ più di vecchio e sano
mastice per tenere chiuso dentro quell’euro rimastoci? E sette camicie a 40° si sudano in
un minuto. Insomma, adeguamento iconoclasta al logorìo della vita moderna: le frasi
matte “non sono stupide, anche se a volte sono stupidaggini: possono ispirare il dileggio
verso chi le pronuncia, ma molto spesso rivelano una logica nascosta delle
cose. Le frasi matte non svelano l’arcano – il che sarebbe banale, inutile, distruttivo –
ma lo svegliano: aggiungono alla realtà i pezzi che le mancano. Il Super-io telefona,
ma l’inconscio ride.” Dio è grande, ma manco il mio collega cugghiunìa.
Stefano Bartezzaghi ne ha raccolto un numero notevole e ne
ha fatto un’aggregazione in capitoli diversi all’interno di
un libro dal sottotitolo eloquente “frasi matte da legare”.
Le ha ricevute dopo un appello ai lettori e corrispondenti
della sua rubrica su web “lessico&nuvole”: l’appello a
tenere nota dei giochi che le parole fanno a noi. Non è il solito
stupidario: una raccolta di questo tipo è antipopolare
perché a compilarla sono i cultori di materie esoteriche, che
fra – diciamo - adepti ai lavori si divertono a prendere in
giro i non illuminati o i neofiti. Vi avverto che il libro va letto
con calma, possibilmente un paio di pagine al giorno, in ordine
sparso: si sgranocchiano gli occhi, provoca spasmi dolorosi
per il troppo ridere, e talvolta – ripeto - ci si ferma vergognosamente dubbiosi:
“che c’è di così sbagliato?” (mi è successo appena letta la frase “quel po’ po’ di dio!”).
Induce insomma al sorriso, al riso e alla meditazione.
Tutti, in fondo, pensiamo di essere persone che parlano condito. In realtà,
spesso parliamo per sentito dire. Come scrive B. “Il famoso verso dantesco “Non ragioniam
di lor, ma guarda e passa” (Inf. III, 51) normalmente viene citato con una deformazione:
“Non ti curar di lor…”. Non viene più percepito come frase matta, tanto
l’abbiamo sentito dire. B. afferma che è una frase matta tanto ricorrente da essere rinsavita.
Il volume è diviso in capitoli, dai titoli gustosi e dai contenuti succosi: mi permetto di
segnalare quello su Trapattoni per i redattori sportivi di questo giornale, quello sugli
errori di stampa a refus076 e cityrocker, tutto il resto a tutti quanti.
All’appello rispose anche il vostro attaccabriglie (v. pagg. 82, 124): con non celato orgoglio,
una delle frasi matte da lui inviate a Bartezzaghi è diventata titolo del volume.
Quale? Non ne ho la più squallida idea. Compratevi il
libro.
N.B. le frasi matte delle prime tre righe sono recentissime ed
ignote persino a Celani e Bartezzaghi.
Stefano Bartezzaghi, Non ne ho la più squallida idea. Frasi
matte da legare, Mondadori,2006
(Pubblicato su OraEsatta di CalabriaOra)
Fuori fa un caldo boia: c’è il diluvio universale. Ma devi uscire: c’è da far la spesa. Con i prezzi che ci sono in giro, ti ci vuole un portafogli a mastice. E per salire la spesa al quinto piano (“dove abiti?” “A PaniJancu” “a che altezza?” “al quinto piano”), si sudano le proverbiali cento camicie.
Ecco un brano di ordinaria conversazione in ufficio, di un giorno qualsiasi. Fatta di frasi matte, che suscitano nell’interlocutore – apparentemente fine dicitore di frasi assennate – subito il riso, lo sfottò. Ma poi subentra il dubbio. Cosa rende più l’idea del caldo catastrofico di questi giorni, un ovvio aggettivo come “infernale” o il paragone al Diluvio? E per fare la spesa, non ci
vorrebbero veramente meno scomparti di un mantice, e un po’ più di vecchio e sano
mastice per tenere chiuso dentro quell’euro rimastoci? E sette camicie a 40° si sudano in
un minuto. Insomma, adeguamento iconoclasta al logorìo della vita moderna: le frasi
matte “non sono stupide, anche se a volte sono stupidaggini: possono ispirare il dileggio
verso chi le pronuncia, ma molto spesso rivelano una logica nascosta delle
cose. Le frasi matte non svelano l’arcano – il che sarebbe banale, inutile, distruttivo –
ma lo svegliano: aggiungono alla realtà i pezzi che le mancano. Il Super-io telefona,
ma l’inconscio ride.” Dio è grande, ma manco il mio collega cugghiunìa.
Stefano Bartezzaghi ne ha raccolto un numero notevole e ne
ha fatto un’aggregazione in capitoli diversi all’interno di
un libro dal sottotitolo eloquente “frasi matte da legare”.
Le ha ricevute dopo un appello ai lettori e corrispondenti
della sua rubrica su web “lessico&nuvole”: l’appello a
tenere nota dei giochi che le parole fanno a noi. Non è il solito
stupidario: una raccolta di questo tipo è antipopolare
perché a compilarla sono i cultori di materie esoteriche, che
fra – diciamo - adepti ai lavori si divertono a prendere in
giro i non illuminati o i neofiti. Vi avverto che il libro va letto
con calma, possibilmente un paio di pagine al giorno, in ordine
sparso: si sgranocchiano gli occhi, provoca spasmi dolorosi
per il troppo ridere, e talvolta – ripeto - ci si ferma vergognosamente dubbiosi:
“che c’è di così sbagliato?” (mi è successo appena letta la frase “quel po’ po’ di dio!”).
Induce insomma al sorriso, al riso e alla meditazione.
Tutti, in fondo, pensiamo di essere persone che parlano condito. In realtà,
spesso parliamo per sentito dire. Come scrive B. “Il famoso verso dantesco “Non ragioniam
di lor, ma guarda e passa” (Inf. III, 51) normalmente viene citato con una deformazione:
“Non ti curar di lor…”. Non viene più percepito come frase matta, tanto
l’abbiamo sentito dire. B. afferma che è una frase matta tanto ricorrente da essere rinsavita.
Il volume è diviso in capitoli, dai titoli gustosi e dai contenuti succosi: mi permetto di
segnalare quello su Trapattoni per i redattori sportivi di questo giornale, quello sugli
errori di stampa a refus076 e cityrocker, tutto il resto a tutti quanti.
All’appello rispose anche il vostro attaccabriglie (v. pagg. 82, 124): con non celato orgoglio,
una delle frasi matte da lui inviate a Bartezzaghi è diventata titolo del volume.
Quale? Non ne ho la più squallida idea. Compratevi il
libro.
N.B. le frasi matte delle prime tre righe sono recentissime ed
ignote persino a Celani e Bartezzaghi.
Stefano Bartezzaghi, Non ne ho la più squallida idea. Frasi
matte da legare, Mondadori,2006
(Pubblicato su OraEsatta di CalabriaOra)
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